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I suini non sono tutti uguali: pur essendo la loro carne estremamente versatile, sono molte le variabili che entrano in gioco a seconda delle razze, del peso, della tipologia di allevamento… Poiché le cosce suine sono uno dei tre ingredienti del San Daniele DOP, il Disciplinare di produzione del Prosciutto di San Daniele pone grande attenzione alla provenienza di questa materia prima e a tutti i passaggi che la riguardano.

Tipologie e razze destinate al Prosciutto di San Daniele DOP

I capi le cui cosce sono destinate alla produzione del San Daniele DOP sono selezionati con cura, a cominciare dalle razze. Per il salume friulano sono utilizzati solo i suini appartenenti alle tipologie Large White, Landrace e Duroc italiana, in purezza o incrociate, compatibilmente con ciò che viene descritto nel Libro Genealogico Italiano. Vediamole, sinteticamente, una per una.

La Large White, il cui nome è originario dell’Inghilterra, è la specie più conosciuta e apprezzata a livello mondiale per l’attitudine alla produzione di carne, di qualità e particolarmente adatta al salumificio. Si tratta di animali di grossa stazza e la selezione genetica ha portato questa razza a sviluppare in particolar modo la parte posteriore del corpo, quindi le cosce, che risultano così perfette per la produzione del Prosciutto, con un giusto rapporto tra parte grassa e parte magra.

La razza Landrace, il cui nome proviene dalle isole Britanniche, è la seconda per consistenza in Italia ed è ad oggi una delle più selezionate e stimate al mondo, comparabile per resa e produttività alla Large White.

La Duroc italiana, invece, è stata selezionata in America ed è la terza più diffusa in Italia, dove trova impiego come suino pesante da salumificio.

Per avere il totale controllo sulla provenienza dei suini, è stata inoltre creata una banca dati del DNA degli animali, che il comparto consulta per prevenire qualsiasi tipo di frode o contraffazione del tipo genetico.

L’allevamento

Grande attenzione è posta poi nell’allevamento dei suini. Gli animali selezionati provengono infatti da 3.626 allevamenti, tutti italiani, di provenienza ben definita. Sono situati in 10 regioni del nord e del centro della Penisola e più precisamente in Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria.

Oltre alla provenienza, è fondamentale anche la cura con cui vengono allevati gli animali, nell’ottica di garantire loro benessere e salute.

Oltre a seguire, naturalmente, le disposizioni del Ministero della Salute in materia di allevamenti suinicoli, gli allevamenti rispettano anche le regole definite nel Disciplinare di Produzione del San Daniele DOP. Questo prevede, ad esempio, che i suini siano alimentati a base vegetale e seguano una dieta ricca di cereali nobili.

Il Disciplinare interviene su ogni fase della vita dell’animale: dall’allattamento allo svezzamento, fino al raggiungimento dell’età della macellazione che per il San Daniele DOP deve essere di almeno nove mesi. Le tecniche di allevamento, gli alimenti consentiti, le loro quantità e modalità di somministrazione hanno lo scopo di portare a ottenere un suino pesante tradizionale, rispettoso dei rigidi criteri di peso e dimensione.

Perché suini “pesanti” sono sinonimo di qualità

Un suino, per essere definito “pesante”, deve superare i 150 kg. Quelli destinati alla produzione del San Daniele DOP rientrano in questa categoria, poiché loro peso deve essere, in media, di 160 kg, con un range variabile del 10%.
In Italia chi alleva questa tipologia di animali lo fa per un mercato di altissima qualità e per ottenere salumi pregiati.

Si tratta di animali che vengono lasciati vivere in spazi grandi e al pascolo, per garantire il loro benessere e allo stesso tempo per far sì che la struttura animale contempli sia la massa grassa sia la massa magra, risultante dal loro movimento. Solo raggiungendo la giusta proporzione tra grasso e massa magra, infatti, si può ottenere una coscia che può intraprendere il processo di lavorazione per il San Daniele DOP.
Ebbene, il grasso è una parte importante del prodotto e non deve essere assolutamente ritenuto uno scarto.

Dai suini pesanti si ottengono carni pregiate con proteine a più alto valore biologico e nutritivo, più ricche di sali minerali e vitamine. Inoltre, sono più saporite e ideali per lunghe stagionature dei salumi, proprio come nel caso del Prosciutto di San Daniele che viene lasciato stagionare almeno fino al tredicesimo mese dall’inizio della lavorazione.

Proprio questa tipologia di carne consente quindi di evitare additivi e conservanti, in quanto la stagionatura molto lunga e l’uso di un conservante naturale quale il sale marino eliminano le problematiche sanitarie del prodotto.

Le cosce e la sicurezza della filiera del Prosciutto di San Daniele DOP

Se il peso e il rapporto tra massa grassa e magra dell’animale sono determinanti, lo stesso vale per ogni singola coscia. Come detta il disciplinare, ognuna deve essere tra i 12,5 kg e i 17,5 kg di peso, con un rapporto costante tra massa magra e grasso.

Lo strato di grasso deve avere una consistenza e uno spessore specifico di almeno 15 millimetri, compresa la cotenna.

Quando arriva al prosciuttificio, ogni coscia è sottoposta sia ai controlli previsti dalla normativa igienico sanitaria in vigore, sia da quelli utili a poter fregiarsi del marchio DOP.

Si tratta di controlli sia visivi, sia di laboratorio. Viene effettuata anche una verifica sul peso e anche sulla temperatura al cuore della coscia.
Insomma, i suini sono un elemento importantissimo per la filiera del prosciutto friulano e, come tali, sono sottoposti a rigidi controlli in ogni fase di vita e del ciclo produttivo.
Tutto ciò assicura che sulle tavole italiane e del mondo arrivi l’inconfondibile Prosciutto di San Daniele DOP, buono e sano allo stesso tempo.

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