Realizzare un prodotto Made in Italy ha molti significati, che vanno oltre la valutazione riguardante il gusto. Nella nostra cultura il cibo si fa veicolo di storia e tradizione, un racconto di sapori che inizia con la scelta delle materie prime migliori che vengono lavorate con passione e dedizione.
Alla base del sapore e della genuinità del San Daniele DOP c’è, infatti, un’attenzione rigorosa nella scelta di materie prime di eccellenza: poche – sono solo 3 gli ingredienti utilizzati – ma “buone”, ovvero selezionate con cura e rigore, prestando attenzione a ogni dettaglio.
Un alimento come il San Daniele DOP è espressione di un know-how antico, quello dei mastri prosciuttai, che tramandano da secoli un processo di lavorazione impeccabile.
E anche se gli anni passano e i processi di produzione si affinano, c’è un elemento importante da sottolineare: le materie prime del Prosciutto di San Daniele non sono mai cambiate. Vediamo quali sono e perché sono così speciali.
Suini per il prosciutto
La materia prima “per eccellenza” del Prosciutto di San Daniele è, ovviamente, la coscia di suino. Ma non tutte le cosce sono uguali: quelle utilizzate per il San Daniele sono prodotte e lavorate unicamente in Italia. Provengono da 3.579 allevamenti selezionati, situati in sole 10 regioni del nord e del centro della Penisola. Nello specifico le aree da cui proviene la materia prima sono: Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria.
Negli allevamenti anche i capi di bestiame sono selezionati con cura: sono scelti solo i suini appartenenti alle razze Large White, Landrace e Duroc italiana.
Tra le razze conformi rientrano anche suini meticci ed ibridi, purché provenienti da schemi di selezione o incroci compatibili con quelli presenti nel Libro Genealogico Italiano. E per avere maggior controllo e sicurezza proprio sulla provenienza dei suini, è stata creata una banca dati del DNA degli animali, in modo da evitare qualsiasi tipo di frode o contraffazione del tipo genetico.
Non è solo questione di razza
Ma non parliamo “solo” di razza: i suini selezionati per la produzione del San Daniele DOP devono rispondere anche a determinati requisiti di peso e dimensione.
Il loro peso, in media, deve essere di 160 chilogrammi, con un range variabile del 10%. Lo stabilisce il Disciplinare che regola la produzione del Prosciutto di San Daniele. Ogni coscia, poi, deve avere uno peso compreso tra i 12,5 kg e i 17,5 kg, con un rapporto costante tra massa magra e grasso. Nulla viene lasciato al caso nella lavorazione del San Daniele: lo strato di grasso presente deve avere una consistenza e uno spessore specifico non inferiore a 15 millimetri, cotenna compresa.
Il grasso del San Daniele DOP, lo ricordiamo, non deve essere considerato “uno scarto” o un elemento poco dietetico: ha un elevato valore nutrizionale proprio perché costituito da acidi grassi saturi, polinsaturi e monoinsaturi. La presenza degli acidi grassi essenziali è fondamentale per il corretto funzionamento del nostro organismo: ecco perché le proprietà organolettiche del San Daniele lo rendono il prodotto perfetto da inserire in qualsiasi regime alimentare.
Sale marino proveniente dal centro-sud Italia
È uno degli “ingredienti” chiave del San Daniele, l’elemento che permette la stagionatura del prodotto e che regala al prosciutto un gusto unico. Stiamo parlando del sale marino, immancabile nella lavorazione del Prosciutto di San Daniele.
Si tratta di una materia prima italiana, proveniente dal centro-sud dello Stivale. Non è un sale qualunque, ma di tipo marino a secco. L’uso del sale è fondamentale nella lavorazione del prosciutto: le cosce vengono cosparse con il sale marino a secco e lasciate a riposo, per un numero di giorni pari al loro peso, ad una temperatura che va tra 0° e 3 °. Un passaggio importante che consente alla coscia di rilasciare umidità e disidratarsi. Nella successiva fase di pressatura il sale entra in profondità, donando alla materia prima il suo aroma inconfondibile.
Le tempistiche di stagionatura, così come la quantità di sale da utilizzare, sono rigorosamente dettate dal Disciplinare di Produzione. Ricordiamo che negli ultimi anni il Consorzio, da sempre attento al tema della sostenibilità, ha deciso di diminuire la quantità di sale in modo da ridurre l’impatto ambientale legato alla lavorazione del San Daniele.
Il microclima unico di San Daniele del Friuli
Seppur “intangibile”, è un elemento che conta tanto quanto gli altri due appena elencati: il microclima di San Daniele del Friuli ha un ruolo fondamentale per conferire al prosciutto il suo sapore e le sue qualità.
Il clima mite e temperato è il risultato della posizione particolare in cui il borgo friulano si trova: nel punto in cui la brezza del mar Adriatico si incontra con i venti montani delle Prealpi Carniche. In questo scenario naturale troviamo anche il fiume Tagliamento che funge da naturale termoregolatore. Questa condizione ambientale unica fa sì che ci sia una ventilazione leggera e costante, che rende la zona perfetta per la stagionatura.
Proprio per questo il successo del San Daniele DOP è così legato a stretto filo con quello del suo territorio.
Insomma, sono proprio le materie prime di qualità che, unite all’attenzione ai dettagli, all’unicità del clima e degli allevamenti italiani e alle conoscenze dei mastri prosciuttai, conferiscono al San Daniele DOP il suo inconfondibile carattere.
Bisogna ricordare anche che alcuni degli stabilimenti in cui viene prodotto il Prosciutto di San Daniele lavorano carne proveniente da suini che non afferiscono alla filiera della DOP: questa carne è destinata alla produzione di altri salumi – non marchiati San Daniele DOP – anch’essi prodotti e stagionati a San Daniele del Friuli: prosciutti crudi nazionali, salami, culatello, soppressa, pancetta, coppa, ecc..