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Il Consorzio del San Daniele Dop da oltre 60 anni tutela il marchio del prosciutto crudo più amato al mondo. E lo fa, oltre che nel rispetto delle regole, anche con un occhio sempre rivolto al consumatore finale. Proprio per questo motivo, vengono condotti periodicamente dei veri e propri “sondaggi” ad un campione di consumatori. Che non si esprimono sul grado di apprezzamento verso questo gioiello. Ma che indagano anche le modalità attraverso le quali i 5 sensi delle persone interpretino gli aromi e le caratteristiche del San Daniele Dop.

Cos’è la mappa sensoriale del prosciutto di San Daniele?

I sondaggi che conduciamo portano a determinare alcuni parametri. Che definiscono quella che possiamo chiamare la mappa sensoriale del Prosciutto di San Daniele. In breve: consegniamo al campione individuato una scheda per il consumatore, che viene compilata a fronte degli assaggi del prosciutto crudo proposti. Dopo la degustazione, il consumatore assegna all’alimento una serie di caratteristiche, in base alle proprie percezioni. La valutazione viene effettuata sull’aspetto, sull’odore, sul sapore, sull’aroma e sulla consistenza. Lo scopo è quello di valutare l’accettabilità ed il gradimento nel confronti del San Daniele Dop. Tutti questi elementi vanno a definire la mappa sensoriale del prosciutto crudo.

Come avviene l’analisi sensoriale?

Prima della degustazione che porta alla valutazione, sono importanti due aspetti preliminari. Come prima cosa ci assicuriamo che nel prosciutto non ci siamo macchie/ematomi/difetti visivi vistosi e estremamente negativi. Come seconda cosa di preoccupiamo di non eliminare mai il grasso di contorno. A questo punto si può procedere con l’affettamento, che in questi casi avviene a macchina.

Generalmente le analisi sensoriali fatte con professionisti sono sempre state condotte sui tranci tagliati dalla parte della culatta perché rappresentative delle varie fasce muscolari del prosciutto. Mentre quelle con i consumatori con il trancio tagliato dalla parte del gambetto.

Le caratteristiche del San Daniele: le fasi dell’analisi sensoriale

Vediamo ora quali sono quindi le fasi che costituiscono l’analisi sensoriale.

  1. Fase visiva
    La prima fase dell’analisi sensoriale è quella legata alla vista. E permette di valutare l’aspetto (colore, uniformità, ecc.) sia della parte muscolare del prosciutto, che del grasso (tessuto adiposo) di contorno. Le fette di prosciutto, tagliate sottili e disposte ordinatamente nel piatto, devono essere almeno 3 per prosciutto degustato. Occorre quindi prendere la fetta (possibilmente con le mani) e aprila per vederla nella sua interezza. La parte magra è rosso rosata, uniforme. Consideriamo che eventuali macchie, aloni o iridescenze sono “difetti”, ed in quanto tali abbassano la valutazione complessiva. Il grasso di contorno è bianco rosato, mentre non viene considerato un difetto la presenza di cristalli di tirosina, che è simbolo di un’elevata stagionatura.
  2. Fase olfattiva
    Il senso che interviene in questa seconda fase è appunto l’olfatto. La degustazione avviene prendendo la fetta (possibilmente con le mani o con la forchetta) per annusarla, partendo dall’esterno verso l’interno. Con questo gesto, è possibile che vengano avvertite delle differenze, dal momento che la parte più esterna è generalmente più secca rispetto a quella interna. Viene consigliato, al fine di analizzare al meglio la fetta, di piegarla in due. A questo punto, possiamo individuare svariati sentori. Ne individuiamo 6 prevalenti: latteo (percepibile soprattutto a livello del grasso, dovuto alla trasformazione chimica che subisce il grasso durante il processo di stagionatura), di cantina (odore tipico che si riscontra nei prosciuttifici artigiani), di crosta di pane (percepibile nella parte più esterna della fetta), di frutta secca, intenso (quando il sentore è persistente e piacevole) e complesso (quando si ritrova un mix di fattori olfattivi positivi)
  3. Fase gustativa, tattile e sensazioni retrolfattive
    L’ultima fase consta di 3 diversi momenti, tutti legati all’assaggio della fetta del San Daniele Dop. Procediamo con ordine: come prima cosa, ovviamente, bisogna assaggiare la fetta, senza togliere il grasso. Nel primo step potremo quindi evidenziare le note dolci, l’equilibrio della carne (cioè la non eccessiva salatatura), il gusto saporito (cioè il sapore accentuato e gradevole).

    A seguito dell’analisi del gusto, si passa a quella del tatto, qui intesa come masticazione. Le sensazioni variano a seconda dello spessore fetta e dal grado di stagionatura. Le lunghe stagionature (maggiore proteolisi e lipolisi, meno umidità ) rendono le carni più solubili. Sono tre qui gli elementi che vengono codificati: la tenerezza (intesa come morbidezza della parte carnosa della fetta), la scioglievolezza (ossia quanto tempo ci mette a sciogliersi in bocca). E la masticabilità (cioè quanto ci si mette a masticare la fetta per deglutirla; più la fetta sarà marezzata, più sarà morbida).

    Infine abbiamo le sensazioni retrolfattive, ricavate al momento della deglutizione. E per le quali valgono le stesse considerazioni olfattive. Con una differenza: che qui le note aromatiche sono percepite anche dopo la deglutizione, nelle vie retronasali.

Ecco quindi che, incrociando tutti questi elementi, ognuno di noi potrà, in base alla fetta assaggiata, costruirsi la propria mappa sensoriale del prosciutto crudo punta di diamante del Made In Italy. Le caratteristiche più peculiari del Prosciutto di San Daniele come per magia si paleseranno a voi, mai un assaggio vi sarà sembrato così piacevole.

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