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Lo showcooking di Fico del 9 febbraio è stato anche l’occasione per fare una bella chiacchierata con Andrea Mainardi. Lo chef, intervistato da Tinto si è raccontato al numeroso pubblico, svelando aneddoti sulla sua carriera.

Andrea, ma quando eri studente..la pasta col tonno?

La pasta col tonno ci sta bene sempre, a maggior ragione quando torni a casa la sera tardi da lavoro, perfetta.

Pare che tu sia il campione della carbonara. Vero che nemmeno a Roma la fanno così?

La mia gavetta l’ho fatta da Gualtiero Marchesi, quindi con un certo tipo di porzioni. Da quando sono andato alla Prova del Cuoco è nato un nuovo amore, cioè questi piatti popolari, dove non esiste impiattamento. La carbonara appartiene a tutti, quindi ho sviluppato un modo di farla che sia facile, divertente e soprattutto semplice da replicare a casa.

Tua figlia ti aiuta in cucina?

Sì, quando sono a casa ci divertiamo a preparare le lasagne insieme, crea davvero convivio. E questo fa sempre la differenza. Le lasagne poi sono uno di quei piatti che io associo alla domenica, a quelle tavolate da almeno 10 persone.

Con La Prova del Cuoco sei diventato quello che sei ora. Quel è il ricordo più bello?

Il debito – umano e professionale – che ho verso Antonella Clerici è immenso, come anche verso Anna Moroni. Io non sarei qui se non avessi iniziato a La Prova del Cuoco, ormai 9 anni fa. Il primo amore non si scorda mai. Ricordo ancora la prima puntata: eravamo in sfida io e Suor Stella. Per animare la puntata mi chiesero di farle un cocktail analcolico. Solo che lo feci con rum e Coca Cola: per 10 giorni non è venuta in trasmissione.

Ma da dove viene la tua passione per la cucina?

Mia mamma collezionava in questi enormi scaffali La Cucina Italiana, la prima rivista di cucina con splendide fotografie. Ricordo questo numero speciale, con la foto di questo cuoco in divisa bianca, con un cappello altissimo. E pensai: “io un giorno lavorerò per lui”. Lui era Gualtiero Marchesi. Finita la scuola, invece di andare in vacanza, mi presentai col curriculum a L’Albereta del Maestro Marchesi, dove mi “accolse” Andrea Berton, che peraltro è proprio di San Daniele. Feci tre mesi in prova, poi mi presero. Ricordo che Marchesi era golosissimo di mozzarelle. Di quell’esperienza ricordo la precisione e il rigore maniacale, non si poteva entrare in cucina se non con barba fatta e camicia stirata. Se la cucina italiana è quello che è lo dobbiamo interamente a lui: ha preso i piatti delle nostre case, li ha resi raffinati ed eleganti.

Ci sono ricordi brutti che associ al cibo?

Due. Sono due episodi per i quali il termine schifo è bocconiano. La prima: ero l’ultimo arrivato nella cucina di Gualtiero Marchesi. Come potete immaginare, gli scherzi si sprecano. Così mi diedero da mangiare un pezzettino di carne cruda. Lo sapete che parte è il rognone, no? Ecco, era rognone crudo.

Il secondo episodio accadde in Sardegna. Facevo la stagione in una pasticceria, mi capitò di sgusciare un uovo marcio, che era totalmente nero. Un qualcosa che non auguro nemmeno al mio peggior nemico.

Da Marchesi al Grande Fratello. Com’è stato il passaggio?

Mangiare, una tragedia. Ci davano 10€ la settimana a testa, significa mangiare con poco più di un euro al giorno: impossibile. Dovevo pensare a qualcosa che avesse grossa resa. Sapete cosa ci ha salvato? lenticchie.  Ho cucinato 77kg di lenticchie in 77 giorni.

Cosa ne pensi di future ricette a base di insetti?

Sai, siamo italiani. Per noi è difficile, siamo abitudinari e spostarci su qualcos’altro è difficile. Magari per i giovani è già un po’ diverso, vedi il sushi. Gli insetti li ho assaggiati fritti – ma fritto è buono anche il cartone. Ho anche cucinato piatti esotici, penso al coccodrillo. Però non facendo parte del nostro gusto difficilmente i nostri piatti cambieranno. Noi siamo fatti così.

Nuovi progetti?

Ora su Italia1 sto facendo Cotto e Mangiato. Poi, assieme a mia moglie e il mio migliore amico, abbiamo aperto una bakery. Facendo il ristoratore ho dedicato tutta la mia vita a fare orari assurdi, quindi avevo bisogno di ridefinire un po’ i tempi del mio lavoro. Spostare un po’ l’asse del mio lavoro è proprio finalizzato a questo, avere orari che mi permettano di stare di più con la mia famiglia.

intervista chef andrea mainardi

La ricetta di Andrea Mainardi col Prosciutto di San Daniele

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17 febbraio 2020

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