Il Prosciutto di San Daniele è uno degli ingredienti più presenti nei taglieri, accompagna i calici di vino, arricchisce ricette o si gusta da solo nella sua semplicità. È un prodotto che si presenta con naturalezza, immediato nel sapore e nella forma.
Ma dietro a ogni fetta c’è un percorso lungo, fatto di attenzione, regole precise e di profondo legame con il territorio.
Il Prosciutto di San Daniele DOP nasce infatti esclusivamente nel comune di San Daniele del Friuli, seguendo un processo regolato da un Disciplinare che definisce con cura rigorosa ogni fase della sua produzione: dall’arrivo delle cosce fresche alla stagionatura, dalla rifilatura alla marchiatura finale.
L’arrivo delle cosce fresche: il punto di partenza della produzione del Prosciutto di San Daniele
Il punto di partenza del processo produttivo del Prosciutto di San Daniele sono le cosce posteriori di suini nati, allevati e macellati in Italia, in allevamenti certificati. È infatti il Disciplinare di produzione a stabilire in modo preciso e rigoroso l’origine e le caratteristiche degli animali che possono dar vita al San Daniele DOP: le regioni di provenienza sono dieci, dal Friuli-Venezia Giulia alla Toscana, dal Veneto alla Lombardia, fino a Campania, Abruzzo e Lazio.
Ma non si tratta di una semplice questione di provenienza geografica. La scelta delle razze e delle zone di allevamento risponde all’esigenza di uniformità: solo animali con determinate caratteristiche morfologiche e una crescita controllata garantiscono cosce adatte a un processo di lavorazione e produzione lungo e delicato come quello del Prosciutto di San Daniele. E proprio per questo, anche l’alimentazione degli animali è regolata fino al più piccolo dettaglio, in termini di qualità dei prodotti e di quantità in base alla crescita: cereali, siero di latte e foraggi devono assicurare alla carne la giusta consistenza e una resa qualitativa elevata.
Una volta macellate, le cosce devono raggiungere il territorio di San Daniele del Friuli entro 120 ore. Una tempistica rigida che serve a garantire che il prodotto arrivi ancora fresco, con la giusta umidità, pronto per affrontare le altre fasi di produzione e lavorazione senza alterazioni.
All’arrivo a San Daniele, ogni coscia viene esaminata attentamente e peso, forma, compattezza della carne e spessore del grasso vengono valutati uno a uno. Solo quelle che rispondono ai criteri fissati dal Disciplinare entrano ufficialmente nel ciclo produttivo e vengono identificate con il pre-marchio del Prosciutto di San Daniele.
La fase di rifilatura
Dopo la selezione, le cosce vengono sottoposte alla fase di rifilatura. È la prima vera operazione manuale del processo produttivo del Prosciutto di San Daniele DOP, e anche una delle più riconoscibili. In questa fase, il profilo della coscia viene sagomato per ottenere la forma caratteristica del San Daniele, spesso paragonata a quella di una chitarra.
Ma la rifilatura non ha solo una finalità estetica. Serve innanzitutto a rimuovere parte del grasso e dei tessuti molli in eccesso, facilitando così la penetrazione del sale durante la fase di lavorazione successiva.
Anche in questo passaggio, ogni dettaglio è regolato: l’inclinazione dei tagli, la quantità di tessuto da eliminare, la simmetria della forma non sono infatti casuali ma rispondono alla necessità di bilanciare al meglio parte magra e parte grassa. È qui che il Prosciutto di San Daniele inizia ad assumere un aspetto riconoscibile, pur essendo ancora ben lontano dal prodotto finale che si troverà sulle tavole.
L’importanza della salatura nella produzione del Prosciutto di San Daniele
Con la rifilatura completata, le cosce sono pronte per passare alla fase produttiva successiva: quella della salatura. Un momento fondamentale nella produzione del Prosciutto di San Daniele, che segna l’inizio vero e proprio della trasformazione da carne fresca a prosciutto DOP.
La salatura è un processo che avviene a secco, utilizzando esclusivamente sale marino e senza l’aggiunta di alcun additivo o conservante. Il sale viene distribuito con attenzione sulla superficie della coscia e lasciato agire per un periodo, compreso tra i 12 e i 18 giorni, che varia in base al peso stesso della coscia: in media, un giorno per ogni chilogrammo di peso.
Questa modalità, tipica del Prosciutto di San Daniele, consente al sale di penetrare gradualmente nella carne, favorendo una disidratazione uniforme e delicata. Il risultato è un equilibrio ottimale tra sapidità e consistenza, che pone le basi per una stagionatura di alta qualità.
Ma attenzione a ritenere la salatura solo una questione di tempo. È una fase in cui intervengono fattori fisici, chimici e ambientali. Il sale disidrata la carne, rallenta lo sviluppo di microorganismi indesiderati e favorisce la conservazione naturale del prodotto. Nel frattempo, iniziando a delinearsi la struttura del Prosciutto di San Daniele.
Terminata la salatura, le cosce vengono accuratamente spazzolate per eliminare il sale in eccesso. A questo punto, il prodotto ha già iniziato il suo cambiamento: è meno umido, più compatto, e pronto per affrontare le fasi successive della lavorazione.
La lavorazione del San Daniele: la fase di pressatura
Dopo la salatura, le cosce vengono sottoposte alla pressatura, una fase tipica e distintiva della produzione del Prosciutto di San Daniele.
Questa operazione ha la funzione di favorire la penetrazione del sale nei tessuti, compattare la carne e ridurre il volume complessivo della coscia, preparando in modo ottimale la struttura per una stagionatura uniforme, anche nella parte più interna.
Durante la pressatura, le cosce vengono disposte orizzontalmente e sovrapposte le une alle altre, con l’aggiunta di un peso calibrato. La pressione esercitata favorisce l’adesione tra la parte muscolare e quella adiposa, contribuendo a dare compattezza e omogeneità alla carne. Ma non solo, perché questa operazione aiuta anche a ridurre la presenza di eventuali sacche d’aria, che potrebbero compromettere le fasi successive di stagionatura.
Anche in questo passaggio, nulla è lasciato al caso. I tempi e l’intensità della pressatura sono regolati con attenzione in base alla conformazione della coscia, per non alterarne la struttura interna e per garantire un risultato coerente con gli alti standard qualitativi fissati dal Disciplinare.
Alla fine di questa fase della produzione, la coscia inizia ad assumere la silhouette tipica del Prosciutto di San Daniele, con la parte finale leggermente più piatta e allungata, e con lo zampino sempre presente: un elemento distintivo, che accompagna il prosciutto lungo tutta la sua lavorazione.
Il valore del tempo: la fase di riposo
A questo punto della lavorazione, le cosce del Prosciutto di San Daniele entrano in una nuova fase del processo produttivo: quella del riposo. Durante questo periodo di apparente quiete, che dura in media circa 3-4 mesi, le cosce vengono sistemate in ambienti refrigerati, dove temperatura e umidità sono attentamente controllate. Le condizioni, infatti, devono essere stabili: troppo freddo rallenterebbe eccessivamente la diffusione del sale; un ambiente troppo secco, invece, potrebbe compromettere la consistenza del prodotto. È una questione di equilibrio, e ogni parametro viene gestito con precisione per permettere alla carne di maturare senza subire alterazioni.
Nel corso del riposo, avviene una graduale perdita di umidità che rende la carne più compatta e ne prepara la struttura interna per la successiva stagionatura.
Lavaggio e asciugatura: una fase delicata della produzione del Prosciutto di San Daniele
Dopo il periodo di riposo, le cosce vengono sottoposte al lavaggio. Questa fase serve a eliminare i residui rimasti in superficie e a ripulire il prodotto prima delle successive trasformazioni. Il lavaggio avviene con acqua tiepida, a temperatura controllata, e viene effettuato in modo uniforme su ogni singola coscia.
A seguire, si passa alla fase dell’asciugatura. Le cosce vengono portate in ambienti ben ventilati, dove restano per un periodo variabile, necessario a eliminare l’umidità in eccesso assorbita durante il lavaggio. Anche in questo passaggio le condizioni ambientali vengono gestite con attenzione: temperatura, umidità e ventilazione devono garantire un’asciugatura graduale e controllata, senza stressare la carne.
Il lavaggio e l’asciugatura non sono semplici operazioni di “pulizia” o di preparazione. Sono fasi vere e proprie della produzione del Prosciutto di San Daniele, che svolgono un ruolo chiave nel preservare la qualità della carne e nel creare le condizioni ideali per l’inizio della lunga stagionatura. È qui che il prosciutto inizia a stabilizzarsi, a definire ulteriormente la propria struttura, e ad avvicinarsi alla fase più lunga e caratterizzante del suo percorso.
La fase di sugnatura
Una volta completata l’asciugatura, le cosce vengono cosparse, nella parte senza cotenna, con uno strato di sugna. Si tratta di un composto a base di strutto e farina di riso, applicato manualmente sulla parte scoperta della coscia, cioè quella non protetta dalla cotenna.
La sugnatura ha una funzione molto precisa all’interno della produzione del Prosciutto di San Daniele: protegge la superficie esposta dalla disidratazione eccessiva durante la lunga stagionatura. In altre parole, aiuta a rallentare l’evaporazione dell’umidità residua e a mantenere morbida la parte esterna della carne, permettendo al tempo stesso la maturazione interna.
Anche in questa fase, la regolarità dell’applicazione e la qualità della miscela sono determinanti. Un’applicazione non uniforme potrebbe compromettere l’equilibrio tra parte esterna e interna del prosciutto, influenzando la struttura finale del prodotto.
La stagionatura: il tempo come ingrediente nella produzione del Prosciutto di San Daniele
La fase di stagionatura è il cuore del processo produttivo del Prosciutto di San Daniele. È qui che avviene la trasformazione più profonda, quella che definisce il gusto, la consistenza e l’aroma del prodotto finale. Per ottenere la Denominazione di Origine Protetta, ogni prosciutto deve stagionare per almeno 400 giorni a partire dalla data di inizio della lavorazione.
Le cosce vengono appese in ambienti ampi e ben areati, dotati di finestre che permettono la circolazione naturale dell’aria. Ed è proprio l’aria, a San Daniele del Friuli, a fare la differenza. L’incontro tra le correnti fresche che scendono dalle Alpi Carniche e quelle più miti che risalgono dal Mare Adriatico crea un microclima unico, ideale per una stagionatura lenta e graduale.
Durante questo lungo periodo, il prodotto viene monitorato costantemente. L’umidità e la temperatura degli ambienti vengono regolate per garantire un’evoluzione omogenea della carne. La parte grassa continua a proteggere la parte magra, mentre all’interno si sviluppano aromi, profumi e consistenze che distinguono il San Daniele da ogni altro prosciutto crudo.
La fase di puntatura e l’arte del controllo
A stagionatura in corso, o in prossimità della sua conclusione, si procede con una fase della produzione tanto discreta quanto cruciale: la puntatura. Questa operazione di controllo della qualità si esegue manualmente, inserendo nella coscia uno strumento affusolato e poroso, realizzato con osso di cavallo.
La scelta del materiale non è casuale: l’osso di cavallo, per la sua struttura, è in grado di assorbire e rilasciare rapidamente gli aromi della carne, restituendo un’“impressione” immediata delle condizioni interne del prosciutto. L’operatore infila delicatamente l’osso in punti precisi della coscia e lo annusa subito dopo l’estrazione. È attraverso questo gesto, affinato dall’esperienza, che si valuta la regolarità della stagionatura e l’assenza di difetti olfattivi.
La puntatura non sostituisce i controlli analitici, ma li affianca con un metodo tradizionale che rimane insostituibile. È una forma di dialogo silenzioso tra chi produce e il prodotto stesso: uno strumento per “ascoltare” come sta maturando il prosciutto, per capire se tutto sta procedendo secondo i tempi e le condizioni ottimali.
Solo se la puntatura dà esito positivo si potrà procedere verso l’ultima fase del processo: la marchiatura.
La marchiatura: il riconoscimento ufficiale del Prosciutto di San Daniele DOP
Quando tutte le fasi della produzione sono state completate, il prosciutto viene sottoposto a una serie di controlli rigorosi, che verificano il rispetto di tutti i requisiti stabiliti dal Disciplinare: forma, peso, consistenza, aroma e sapore. Solo i prodotti che superano positivamente queste verifiche possono accedere alla marchiatura, l’ultima tappa del percorso. È il momento in cui il prosciutto riceve il marchio a fuoco con il logo del Consorzio, un simbolo che attesta l’autenticità e il rispetto del Disciplinare e gli attribuisce definitivamente la denominazione di Prosciutto di San Daniele DOP.
La marchiatura viene applicata solo ai prosciutti che rispondono a tutti i requisiti previsti: forma, peso, consistenza, profumo, sapore. È un riconoscimento che arriva dopo almeno 400 giorni di lavoro e di attesa, e che sintetizza il valore di un processo produttivo lungo, preciso e fortemente legato al territorio.
Il marchio a fuoco è una garanzia per chi acquista e consuma il Prosciutto di San Daniele DOP, un simbolo che racconta un’origine certificata, una filiera controllata, un insieme di scelte produttive fatte nel rispetto di regole condivise.
Con la marchiatura si chiude un ciclo. Un percorso fatto di tempo, attenzione, microclima, mani esperte e controlli rigorosi, che restituisce un prodotto dal gusto inconfondibile, capace di raccontare, in ogni fetta, l’identità del suo territorio.
Come si produce il Prosciutto di San Daniele: una conclusione
La produzione del Prosciutto di San Daniele si compone di passaggi definiti con rigore, ciascuno con una funzione specifica all’interno di un percorso che si sviluppa nel tempo. Dal momento in cui le cosce fresche arrivano a San Daniele fino alla marchiatura finale, ogni fase viene svolta secondo criteri precisi, in un equilibrio costante tra tecnica, ambiente e controllo.
È un processo che richiede competenza e costanza, ma anche attenzione al dettaglio e conoscenza del contesto in cui tutto avviene. Il territorio, il microclima, i gesti quotidiani: ogni elemento contribuisce a definire le caratteristiche distintive del prosciutto.
Ed è proprio grazie a questo percorso che il Prosciutto di San Daniele riesce a conservare la propria identità, anche quando arriva sulla tavola. Lo si trova in un tagliere, accanto ad altri affettati; tra due fette di pane, per la merenda di un bambino; arrotolato su un grissino, all’ora dell’aperitivo. È lì con naturalezza, familiare nel gusto e nella forma. Ma dietro quella semplicità apparente, c’è una storia di attenzione, tempo e territorio.